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Vedute e visioni di Porto Vecchio

negli scatti della Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste e dintorni

Sala Selva di Palazzo Gopcevich
25 ottobre 2019 > 6 gennaio 2020

Sindaco
Roberto Dipiazza

Assessore alla Cultura
Giorgio Rossi

Direttore Dipartimento Scuola Educazione Promozione turistica Cultura e Sport
Fabio Lorenzut

Direttrice Servizio Musei e Biblioteche
Laura Carlini Fanfogna

Responsabile di PO Musei Storici e Artistici
Stefano Bianchi

Associazione dotART
Stefano Ambroset, presidente

Art director Triestephotodays
Angelo Cucchetto

a cura di
Claudia Colecchia, responsabile della Fototeca e Biblioteca dei Civici Musei di Storia ed Arte

Allestimento
Marino Ierman

con la collaborazione di
Gabriella Gelovizza
Cristina Klarer
Alessandra Relli
Alice Rubino

con

LA.SE.

Selezione degli scatti realizzati in occasione dell’Instameet di Porto Vecchio svoltosi il 16.03.2019, nell’ambito della manifestazione della Settimana dell’Amministrazione Aperta, promossa dagli assessorati alla Cultura e alla Comunicazione in collaborazione con gli Igers FVG e Pasocial

A cura di Laura Carlini Fanfogna, Claudia Colecchia, Rachele Lombardi, Christian Tosolin

Coordinamento amministrativo
Alessia Neri
con
Michela Martini
Francesco Recanati
Cristina Sirugo
Eleonora Venier

Traduzioni
Key Congressi

Si ringraziano
Autorità Portuale e in particolare Vanna Coslovich, Mary Bologna, Olga Ivanovic, Tiziana Giannotti, Maria Cristina Piccolo, Piero Stuparich e i volontari Cittaviva, in particolare Boris Juretic e Gianni Milano

Marino Ierman, Porto Vecchio, 2019
Marino Ierman, Porto Vecchio, 2019

Marino Ierman [Trieste, 1957 – ] è fotografo professionista e allestitore presso i Civici Musei di Storia ed Arte del Comune di Trieste. Storico marionettista dei Piccoli di Podrecca, ama il teatro, l’arte, il mare e la sua città, Trieste: passioni che traspaiono nel suo modo di fotografare. Collabora con istituzioni culturali pubbliche e private, anche internazionali. Svolge attività di docenza e tirocinio per studenti di scuole superiori e universitari. Oltre agli scatti dedicati al mondo industriale e della pubblicità, meritano particolare attenzione le campagne fotografiche dedicate al mondo dell’arte. L’occhio del fotografo scruta l’oggetto come fosse qualcosa di vivo, come un organismo che ancora alita, come un corpus in perenne trasformazione nella sua statica fissità. I suoi lavori sono stati pubblicati in oltre 1000 cataloghi di mostre e musei italiani ed esteri, ha allestito oltre 300 mostre e svariati musei.

Un porto è sempre un porto, cioè una realtà fluente, l’immagine della vita, ricorda Giani Stuparich in un articolo apparso su “Il Tempo”, il 4 febbraio 1960.

Palcoscenico della memoria, per citare Paolo Costantini, il Porto Vecchio è da sempre oggetto d’interesse da parte dei fotografi triestini e non. Le rappresentazioni fotografiche costituiscono una testimonianza interessante per vedere un’istituzione che è componente essenziale dell’identità cittadina.

La scelta di esporre nella Sala Selva di Palazzo Gopcevich non è casuale: oltre a ospitare la Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte, che conserva quasi 3 milioni di beni fotografici dal 1840 a oggi, e che in questa occasione celebra i 180 anni dalla nascita della Fotografia, non si può non ricordare che il Porto Vecchio si estende dallo sbocco del Canal Grande, su cui il palazzo ha un affaccio privilegiato, sino a Barcola. Comprende cinque moli originari, la diga foranea risalente al 1875, la Centrale idrodinamica, la Sottostazione elettrica di riconversione, magazzini, hangars, banchine di carico e scarico merci.

Marino Ierman Porto Vecchio 2019
Foto dell'allestimento di Marino Ierman

Il percorso espositivo si concentra principalmente su quella porzione di Porto Vecchio che oggi sta rinascendo a nuovi usi, e si articola in più sezioni.

Nell’ala interna sono collocate le immagini storiche dalla seconda metà dell’Ottocento fino agli anni Sessanta del Novecento. Alle pareti e nelle vetrine albumine, gelatine ai sali d’argento, carte de visite, formato album, gabinetto, stereoscopiche e cartoline testimoniano non solo le diverse sensibilità al servizio della rappresentazione del “luogo”, ma anche la varietà delle tecniche fotografiche utilizzate.

Anna Scrinzi Costruzione del porto franco : veduta generale Trieste, [1870] [F248]
Punto Franco : Trieste Trieste, [post 1900/05/14] F26018
Punto Franco : Trieste Trieste, [post 1900/05/14] F26018

I servizi fotografici degli studi di Ugo Borsatti, Adriano de Rota e dell’agenzia fotografica Giornalfoto esplorano il Porto Vecchio con uno sguardo attento alla realtà sociale e alle sue dinamiche. Si tratta di foto scattate tra gli anni Cinquanta e Sessanta, influenzate dall’espressività neorealistica e strettamente connesse al contesto storico, politico, sociale e culturale in cui sono state prodotte e fruite.

Soggetti diversi sono catturati e narrati: scorci di paesaggio, vedute dal mare, architetture, uomini e oggetti. Se nelle fotografie più antiche prevale la veduta, ora si predilige scrutare la relazione tra l’uomo e l’ambiente. Il rapporto tra i paesaggi fisici e quelli umani caratterizza la cifra stilistica del singolo fotografo, al contempo, evidenzia una condivisa sensibilità. La presenza degli uomini dediti alle fatiche abbonda, cosa rara nelle fotografie di fine Ottocento, quasi del tutto assente in quelle di fine Novecento. I fotografi indagano il mondo del lavoro, descrivendo soprattutto gli sforzi dei singoli e collettivi, contestualizzati nella fervida attività del porto; lavorano su commissione per quelle ditte che riconoscono alla fotografia la capacità di veicolare con immediatezza e incisività, senza pari, la propria immagine, oggi si direbbe il proprio brand. La varietà degli scatti in bianco e nero presenti nel nostro Archivio si sofferma soprattutto sulla dimensione operosa del Porto Vecchio, ancora luogo di arrivo, partenza e stoccaggio di merci. Così i negativi della Serie Lloyd di Giornalfoto, che ricordano la movimentazione dei vagoni ferroviari destinati a Bombay o i camion parcheggiati in attesa di nuovi viaggi.
Protagonisti sono gli operai, ripresi in modo dinamico negli spazi aperti o chiusi, in costante dialogo con l’intorno, sia esso paesaggio, macchinari o strutture. Grazie alla polisemicità della fotografia, le immagini che documentano i successi del porto, raccontando l’arrivo del carico di cotone per il cotonificio triestino, rivelano anche una storia corale dalla forte carica emotiva e sociale: strumento di denuncia delle atmosfere e delle condizioni di lavoro.

In mezzo a tanta fatica e sudore, non mancano ritratti di sorridenti operai, in posa mentre compiono il loro quotidiano dovere, o colti in istanti di gioia e soddisfazione, come quelli ripresi dagli scatti che immortalano la cattura di un pescecane.
La testimonianza cronachistica restituisce anche momenti di sacre funzioni, come la celebrazione della messa in porto, alla presenza di rappresentanti politici e religiosi, che si conclude con coreografici giochi d’acqua dei vigili del fuoco. L’occasione fornisce al fotografo Ugo Borsatti la possibilità di realizzare delle immagini che evocano la grammatica e la sintassi del linguaggio cinematografico: i protagonisti, inusuali per un porto, sono due bambini ripresi di spalle mentre scrutano la città dalla banchina.

CMSA RO NP 5593_2 Adriano de Rota
CMSA RO NP 5593_2 Adriano de Rota
CMSA GF Np 779_75952 Agenzia Giornalfoto
CMSA GF Np 779_75952 Agenzia Giornalfoto
CMSA UB NP3909_8 Ugo Borsatti
CMSA UB NP3909_8 Ugo Borsatti
CMSA UB Np 2405_15 Ennio di Bari presso Foto Omnia
CMSA UB Np 2405_15 Ennio di Bari presso Foto Omnia

La sala centrale accoglie il visitatore con i positivi di Gabriele Basilico, commissionati dal Comune di Trieste ed esposti in occasione della mostra Trouver Trieste a Parigi. Da qui prende avvio il tema del vedere fotografico riferito all’architettura del Porto Vecchio: tema rilevante sviluppato dal fotografo che indaga forme, caratteri, materiali e tessiture di manufatti e superfici urbane.

Le foto di Gabriele Basilico descrivono il paesaggio triestino, all’interno della rassegna Trouver Trieste, seppur privo di elementi umani, pregno di umanità perché nelle architetture il fotografo ritrova nascosti occhi, nasi, orecchie, labbra, volti che aspettano la parola. Come avvenuto in altri progetti, basti pensare al catalogo Milano. Ritratti di fabbriche, Basilico antropomorfizza le facciate e i corpi degli edifici.

Nel 1985, il Comune di Trieste organizza con l’Istituto di Cultura a Parigi un complesso di manifestazioni dal titolo Trouver Trieste con lo scopo di presentare al mondo francese le diverse espressioni della cultura triestina: letteratura, cinema, arti figurative, architettura, scienza, fotografia, teatro, industria e design navale.

L’esposizione Visages, Paysages hier et aujourd’hui realizzata presso la Tour Eiffel dal 18 febbraio al 24 marzo 1986, propone, oltre alla fotografia storica, l’esito della ricerca fotografica commissionata dal Comune di Trieste a Gabriele Basilico e ad altri autorevoli esponenti della fotografia italiana tra cui Gianni Berengo Gardin, Mario Cresci, Franco Fontana, Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, Roberto Salbitani, Guido, Guidi, Fulvio Roiter.

Sono anni in cui, l’autore, costantemente all’inseguimento dei confini, ama immortalare i porti, limes per eccellenza. Un amore imperituro visto che, in una delle ultime interviste, sostiene che gli sarebbe piaciuto fotografare ancora i porti: Tutte le città del mondo sono ormai fotografate e allora vorrei ricominciare dai porti. Sono i luoghi in cui la natura e l’architettura si integrano e si contrastano: ci sono le mie strutture industriali, ma non su uno sfondo piatto, ma sul mare e sul cielo. Questa è la perfezione.

Di Trieste, collocata sul lembo estremo nordorientale della penisola, Basilico restituisce il confine marittimo identificato in Porto Vecchio.

Il maestro della fotografia italiana si immerge nella città, la fa sua, narrando le solitudini del porto abbandonato, luogo di strana bellezza, frammento di storia.

Ecco che il limes tergestino, oggi prossimo a nuove riutilizzazioni, è raccontato attraverso i suoi scatti in bianco e nero, dai contrasti netti, in grado di restituire dignità al degrado e all’abbandono. Citando, Ascolto il tuo cuore, città, libro di Alberto Savinio tanto caro all’autore, Basilico restituisce un Porto Vecchio che anziché mulinare pensieri di morte, mulina pensieri di vita.

Il fotografo, grazie all’esercizio dello sguardo che lo caratterizza svela l’essenza del luogo e ci aiuta a Trouver Trieste.

Fotografia dell'allestimento di Marino Ierman

Nell’ala esterna del Palazzo, rivolta verso quel canale che fungeva da attracco per le merci, le immagini esposte narrano il luogo attraverso testimonianze autoriali del XXI secolo, conservate in archivio. Le stesse sono state realizzate dal fotografo della Fototeca Marino Ierman, da Eugenio Novajra e generosamente donate dal medesimo, e da Graziano Perotti, concesse in occasione del Triestephotodays. In questi scatti la fotografia non è mera fonte di documentazione tecnica, ma medium per la ri-costruzione identitaria del Porto: occhi attenti a cogliere lo spirito del luogo e lo stato delle cose, il battere della pendola del tempo, tra un passato che non c’è più e un futuro da inverare.

La quantità e qualità delle fonti iconografiche dedicate al Porto, dalla sua nascita a oggi, offrono un percorso narrativo attraverso le immagini, testimone anche dell’evoluzione delle tecniche fotografiche: dalle origini sino alle più recenti fotografie digitali d’autore per arrivare a quelle postate nel social network Instagram.

L’esposizione è completata da una selezione degli scatti realizzati in occasione dell’Instameet svoltosi a Porto Vecchio, nel marzo scorso, nell’ambito della manifestazione della Settimana dell’Amministrazione, promossa dagli assessorati alla Cultura e alla Comunicazione in collaborazione con gli Igers FVG e Pasocial. In questo caso, si tratta di testimonianze visive condivise in modo ubiquo, orizzontale e simultaneo che, al di là del valore estetico, posseggono un valore documentale perché, come sostiene André Gunthert, consentono alla fotografia amatoriale di contribuire alla costruzione del racconto dell’attualità e alla sua preservazione.

Tutte insieme offrono un accattivante puzzle del volto e della stratificazione storica di una partizione grandemente significativa della città: molteplici sguardi spaziano in libertà dalle vedute a singoli elementi, vitali o abbandonati, proponendo punti di vista inediti.

E le immagini si caricano di significati palesi e latenti per ciò che mostrano e per ciò che non mostrano, svelando contemporaneamente la realtà fluente del luogo e l’autoritratto dei singoli flâneur.

Graziano Perotti Porto Vecchio: Interpretazione 8 marzo. L'uomo penitente 2017
Graziano Perotti Porto Vecchio: Interpretazione 8 marzo. L'uomo penitente 2017

Graziano Perotti [Pavia, 1954-] ha pubblicato in veste di fotoreporter oltre 200 reportage di viaggio, cultura e sociale, sui più importanti magazine, ottenendo 25 copertine. Piccole e grandi storie di umanità e di luoghi costituiscono da sempre la nervatura dei suoi racconti fotografici: espressione di una capacità non comune di cogliere la realtà, penetrandola con delicatezza e in profondità. Indagatore di grande forza espressiva, Perotti ha anche al suo attivo una considerevole produzione fotografica per importanti campagne pubblicitarie. I più noti critici, sulle riviste specializzate di fotografia e sui maggiori quotidiani italiani, si sono occupati della sua ricerca. Numerose sono le sue mostre personali e partecipazioni a collettive in rassegne di livello nazionale e internazionale. Ha conseguito numerosi riconoscimenti in Italia a all’estero e vinto importanti premi. Le sue fotografie sono conservate in importanti collezioni private, fondazioni e musei. È uno dei cento volti della fotografia italiana nel libro di Hermes Mereghetti editato dall’A.F.I. Archivio Fotografico Italiano. Recentemente Pio Tarantini lo ha inserito nel suo libro Fotografia. Elementi fondamentali di linguaggio, storia, stile tra i fotografi contemporanei più significativi.

Marino Ierman - Porto Vecchio - 2019
Eugenio Novajra Porto Vecchio: carrette amburghesi 2012

Eugenio Novajra [Torino, 1960-] coniuga la passione per la fotografia a quella per il viaggio. Ha vissuto e fotografato per diversi anni in USA, Brasile e Caraibi. Professionista dal 1987, con studio a Udine dal 2007, è attivo nei vari generi fotografici: dall’architettura ai siti industriali, oltre che nello Still Life e nel ritratto. Realizza diversi progetti editoriali e svolge attività di docenza presso centri di formazione professionale. Da sempre dedica particolare attenzione al profilo antropologico, sociale e storico del paesaggio urbano. Numerose le mostre fotografiche dedicate alle metropoli, tra queste: San Paolo, Berlino, Saigon, Hanoi, Istanbul. Nell’anno 2018 gli è stato assegnato il premio FVG Fotografia dal CRAF (Centro Ricerca e Archiviazione della Fotografia) per il suo progetto Berlino Altrove. I suoi lavori sono pubblicati su libri, riviste e cataloghi d’arte; molte sue immagini sono conservate in archivi museali ed enti fotografici tra cui la Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte.

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