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Tsukiji a Tokyo e la Pescheria di Trieste: dismissioni a confronto

Trieste, Civico Museo d’Arte Orientale
25.10.2019 – 6.01.2020

La Pescheria di Trieste
a cura di Claudia Colecchia e Michela Messina
Otre Tsukiji. Fotografie di Nicola Tanzini
a cura di Benedetta Donato

Protagonista dell’esposizione fotografica è il mercato del pesce, anzi i mercati del pesce di Tokyo e di Trieste, oramai luoghi della memoria che, a dispetto della distanza geografica, mostrano ai nostri occhi valori umani, culturali e storici, diversi e trasversali al tempo stesso.
Fotografia di Marino Ierman

I due mercati, luoghi di scambio di merci vendute e acquistate, ma anche luoghi di relazioni identitarie – luoghi antropologici – evocando Marc Augé, sono raccontati attraverso eloquenti immagini in bianco e nero. Le stesse indugiano nella descrizione degli interni, sia nelle parti destinate agli addetti ai lavori, sia in quelle aperte al pubblico.

A differenza dei “non luoghi”, dove le persone transitano in spazi standard, in cui nulla è lasciato al caso: dal numero di decibel, alla luminosità, alla lunghezza dei percorsi, al tipo e quantità di informazioni diramate, i due “templi” del pesce ci appaiono delle brulicanti e istintive agorà, perimetri di tesi, antitesi e sintesi di curiosità e interessi interrelati, profondamente umani e identitari.

Le recentissime foto scattate a Tsukiji da Nicola Tanzini descrivono la fase di pre-chiusura della struttura: indugiando sugli istanti che precedono la conclusione di una giornata di lavoro, eco e riverbero del tramonto del giorno che precederà una nuova alba, in cui il luogo conosciuto sarà sostituito da un altro manufatto con le medesime finalità.

Fotografia di Marino Ierman

Le foto che hanno per protagonista la Pescheria triestina documentano invece l’intero svolgimento della giornata lavorativa nel percorso di quasi un secolo di vitalità: dalle prime aste, alla vendita al minuto, sino alla fase dei controlli e della contabilità.

In entrambi i luoghi, la fotografia ha il merito di sublimare esperienze di vite vissute al passato. In tale modo, le immagini ci aiutano a marginalizzare il rischio di un’amnesia collettiva di contesti scomparsi.

Le immagini dei finiti altrove, nel caso di Tokyo, costituiscono le ultime pagine di un corposo libro non ancora concluso, mentre nel caso di Trieste, ci restituiscono una storia cessata, con una malcelata vena di nostalgica tenerezza. Nate per ragioni squisitamente cronachistiche e documentali, si manifestano ai nostri occhi come vere e proprie emulsioni storico-emotive. Le fotografie ci narrano la fine di un tempo storico, la polverizzazione di un luogo di incontro quotidiano e di aggregazione sociale.

 

F176445 - Fotografia di Pietro Opiglia

Il Salone degli Incanti (battezzato scherzosamente Santa Maria del guato – it. ghiozzo – perché la presenza del campanile conferisce alla struttura l’aspetto di una chiesa) non si occupa più delle aste del pesce e della sua commercializzazione, ma incanta con le sue esposizioni culturali temporanee. Le luci della Pescheria triestina si sono infatti definitivamente spente alla fine degli anni Novanta.

Al contrario del reportage di Tanzini, gli scatti triestini sono riconducibili ad autori di epoche diverse tra la nascita della Pescheria nel 1913 e la sua chiusura definitiva nel 1998.

La ricca documentazione presente in Fototeca restituisce doviziosamente il contrasto dei pieni e dei vuoti architettonici, dove il pieno è rappresentato dalla vita che rumorosamente pulsa e rimbomba tra i simmetrici banchi, sebbene il regolamento comunale imponga, tra i vari obblighi, quello di non turbare la quiete e la tranquillità del luogo.

Pietro Opiglia, primo fotografo in organico alla Fototeca, immortala nel 1913 le fasi della costruzione e dell’apertura del mercato e documenta anche la scena dell’asta del pesce di oltre cento anni fa. Il fotografo fulmina con uno scatto l’incanto del pesce: volti prevalentemente maschili, sguardi incuriositi e divertiti dalla presenza della macchina fotografica, sussurri all’orecchio che ricordano una messa in scena di matrice teatrale.

F176461 - Fotografia di Pietro Opiglia

Diverse sono le testimonianze delle fasi che precedono e seguono la vendita al minuto. Così, l’allegria contraddistingue l’immagine dei pescivendoli che fieramente promuovono il proprio prodotto esposto.

Concentrazione e serietà caratterizzano lo scatto che rappresenta le attività amministrative e di controllo dell’Ufficio del Commissario dell’Annona, mentre sospesa in un tempo immobile è la fotografia che descrive il banco che presenta una minuziosa e accurata disposizione del pesce.

F176453 - Fotografia di Pietro Opiglia

Dopo il secondo conflitto mondiale, Ugo Borsatti, Adriano de Rota, Alfonso Mottola, l’agenzia Giornalfoto raccontano una Pescheria in lento ma inesorabile declino.

RO 8100_2 - Fotografia di Adriano de Rota Proprietà Fondazione CRTrieste, in deposito in Fototeca CMSA
UB NP 3153_1 - Fotografia di Ugo Borsatti Proprietà Fondazione CRTrieste, in deposito in Fototeca CMSA

Gli scatti che documentano le casse di pesce fresco ancora sulle barche, la “diffidenza“ delle massaie davanti al banco, in contrasto con l’orgoglio dei pescivendoli e persino l’entusiasmo espresso dalla famiglia Benvenuti che esibisce i successi mondiali del pugile Nino, solo temporaneamente obliano l’inarrestabile decadenza del luogo.

UB NP 5998_30 - Fotografia di Ugo Borsatti Proprietà Fondazione CRTrieste, in deposito in Fototeca CMSA

Un declino osservato e narrato da Alfonso Mottola che rivela lo spazio della Pescheria non accessibile al pubblico. Un’immagine volutamente sfuocata che documenta i muri scrostati e le cataste di cassette abbandonate generando una complessiva impressione di abbandono.

F201803 - Fotografia di Alfonso Mottola

Supreme ragioni di natura economica causano una graduale riduzione dei banchi espositivi, la vendita al minuto trasloca nelle pescherie dei quartieri della città.

L’affievolimento per la comunità triestina dell’importanza economica e sociale della Pescheria è speculare alla progressiva riduzione di testimonianze visive in Fototeca. Le immagini svaniscono inesorabilmente mentre le luci si spengono il 31 dicembre 1998.

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