Trieste, Palazzo Gopcevich, Sala Selva
12 ottobre- 2 dicembre 2018
Inaugurazione: 11 ottobre 2018, ore 18.00
La mostra, ideata e realizzata dai Civici Musei di Storia ed Arte, con la direzione di Laura Carlini Fanfogna, direttrice del Servizio Musei e Biblioteche, a cura di Stefano Bianchi, Claudia Colecchia, Antonella Cosenzi, Lorenza Resciniti, con la collaborazione di Michela Messina, Gabriella Norio e Cristina Zacchigna ricorda l’ingresso di Trieste in Italia, attingendo alle ricche collezioni delle sue istituzioni culturali: la Biblioteca e la Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte, il Civico Museo di Storia Patria, il Civico Museo del Risorgimento, il Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, il Civico Museo Sartorio, il Civico Museo d’Arte Orientale, la Biblioteca Civica “Attilio Hortis”.
La mostra consolida il comune intento di valorizzare e far conoscere il patrimonio posseduto, attraverso l’esposizione di manifesti, fotografie, disegni, documenti, testi letterari, giornali, opere d’arte. Manufatti che consentono di narrare la città, i suoi teatri, le donne e gli uomini nel periodo che immediatamente precede e segue la fine della Prima guerra mondiale.
Una selezione delle testimonianze fotografiche originali realizzate da Arnaldo Polacco, dai Fratelli Avanzo, da Giuseppe Furlani, da Umberto Morterra documentano il clima di quei giorni. L’occhio fotografico irrompe sulla scena, certifica e pubblicizza il fluire della Storia. I fotografi selezionano istanti con palese intento narrativo che evoca rappresentazioni teatrali. Gli stessi selezionano i positivi da donare al Comune: oggi, a loro volta, oggetto di discernimento, finalizzato alla mostra allestita a distanza di un secolo.
L’esposizione è impreziosita da alcuni passi del romanzo Ritorneranno di Giani Stuparich, medaglia d’oro al valore militare. Dell’opera sono visibili due diverse edizioni: la prima del 1941 e una versione successiva appartenuta all’autore, prestata generosamente dalla famiglia. Lo scrittore narra magistralmente le emozioni di quei convulsi giorni, restituendo, tra l’altro, l’attesa e la commozione per l’attracco delle navi italiane sulle Rive.
La carrellata di manifesti delle collezioni del Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl” fa idealmente rivivere gli spettacoli in scena nei teatri cittadini nei mesi che precedono e seguono lo scoppio della pace.
La sezione dedicata alle figure e alle memorie mette in scena le storie di alcuni personaggi triestini che ritorneranno, da fronti opposti di una guerra definita mondiale, non già perché l’ha fatta tutto il mondo ma perché noi tutti in seguito ad essa, abbiamo perduto un mondo, il nostro mondo come afferma il cantore della finis Austriae Joseph Roth nella Cripta dei Cappuccini.
Dai profili biografici emerge la specificità della città: 50.000 sono i triestini richiamati alle armi nell’esercito asburgico; 1.047 sono i triestini che combattono nelle fila italiane.
Francesco Pepeu e Silvio Quarantotto, presentati in mostra, nascono a Trieste, studiano entrambi al liceo Dante, si laureano nelle università austriache, il primo a Vienna, il secondo a Graz. Rientrati in città, diventano funzionari del Comune. Allo scoppio della guerra seguono strade diverse: Francesco Pepeu è richiamato dall’esercito asburgico, Silvio Quarantotto lascia Trieste per arruolarsi in quello italiano, con l’appoggio del fratello Ugo. Quest’ultimo espatriato è intanto divenuto segretario del Comitato degli Irredenti di Bologna.
Francesco e Silvio, pur combattendo su fronti opposti, terminata la guerra, riprendono l’impiego in Comune e collaborano, da protagonisti, per il ristabilimento dell’ordine e il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.
Una storia particolare è quella di Siro e di Giovanni Pellis, cittadini austriaci di etnia italiana che, mandati in guerra nelle fila dell’esercito austro-ungarico, vengono fatti prigionieri sul fronte russo. Grazie alla Missione Militare Italiana che in Russia rintraccia i cosiddetti “prigionieri irredenti” radunandoli a Kirsanov, vengono trasferiti in Italia dopo un lungo e avventuroso viaggio che restituisce loro la libertà e l’affetto dei propri cari.
Altrettanto coinvolgenti i racconti di due regnicoli, Antonio Ciana e Pietro Crichiutti, i quali narrano dello scoppio del conflitto e degli avvenimenti successivi all’entrata in guerra dell’Italia. Entrambi vivono, per periodi diversi, l’esperienza dei campi di internamento austriaci e comunque la lontananza da casa fino alla conclusione delle ostilità che vede il primo reclutato nel corpo degli Alpini del Regio esercito italiano, il secondo riprendere l’occupazione presso il nosocomio triestino.
Pur non partecipando in prima persona alla guerra, Salvatore Segrè Sartorio è una delle anime dell’irredentismo triestino: quale Presidente della Commissione Centrale di Patronato per i fuorusciti adriatici e trentini e quale membro del Comitato centrale per l’assistenza morale e materiale dei fuoriusciti irredenti e dei profughi di guerra, ha speso la propria esistenza e i propri beni a favore dell’annessione di Trieste all’Italia.
Non ritornano solo i vivi, ma anche i defunti, accolti tra le braccia materne, come nel caso di Guido Zanetti e di sua madre Maria. Nel 1921, ritorneranno le spoglie del giovane, riesumate a Romans d’Isonzo, e collocate nel cimitero cittadino di S. Anna. La rappresentazione teatrale del lutto si rivela uno straordinario format, attraverso cui far transitare il contagio dell’ideologia patriottica.
Irredenti o asburgici, vivi o morti, provenienti da un teatro di guerra, tutti ritorneranno in un teatro di pace.
La mostra è arricchita dalla presenza del filmato, realizzato dall’Area Cultura, nell’ambito degli eventi collegati al Centenario della Grande Guerra:
TRIESTE intreccio di venti, genti, cultura e storia
Realizzato da Giulio C. Ladini con Fulvio E. Bullo, Fabio Papalettera, Michele Pupo.
Il filmmaker e il suo team reinterpretano in chiave contemporanea le immagini storiche selezionate dalla responsabile della Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte, Claudia Colecchia.
Dalle vertiginose ed entusiasmanti riprese con drone sul Castello di San Giusto, si passa ad alcune rapide suggestioni della città durante gli anni precedenti lo scoppio della Prima guerra mondiale, il racconto prosegue con le devastazioni del Caffè San Marco e del Piccolo successive all’entrata in guerra dell’Italia per arrivare alle foto che documentano l’arrivo delle navi italiane. Immagini impreziosite da alcuni passi del romanzo Ritorneranno di Gianni Stuparich che narra magistralmente le emozioni di quei convulsi giorni.
Nel dopoguerra, la città muta la sua fisionomia: nascono nuovi luoghi, altri si rinnovano cambiando la denominazione. Attore e spettatore al contempo, il mare del Golfo di Trieste, ci ricorda con le parole di Silvio Benco Trieste è stata tante cose diverse per tante generazioni.