Nell’ambito della mostra Teatri di guerra, teatri di pace. Figure e memorie. Trieste 1918/1919, mercoledì 21 novembre, alle ore 17.30, presso la Sala Bazlen di Palazzo Gopcevich, avrà luogo il quinto incontro del ciclo di approfondimenti dal titolo: RITORNERANNO: ritratti fotografici di triestini irredenti e asburgici.
Claudia Colecchia, responsabile della Fototeca e Biblioteca dei Civici Musei di Storia ed Arte e co-curatore dell’esposizione approfondirà, attraverso i ritratti fotografici, le storie di alcuni personaggi triestini che ritorneranno, citando il romanzo di Giani Stuparich, da fronti opposti di una guerra definita mondiale, non già perché l’ha fatta tutto il mondo ma perché noi tutti in seguito ad essa, abbiamo perduto un mondo, il nostro mondo come afferma il cantore della finis Austriae Joseph Roth nella Cripta dei Cappuccini.
Dai profili biografici emerge la specificità della città: 50.000 sono i triestini richiamati alle armi nell’esercito asburgico; 1.047 sono i triestini che combattono nelle fila italiane.
Francesco Pepeu e Silvio Quarantotto, presentati in mostra, nascono a Trieste, studiano entrambi al liceo Dante, si laureano nelle università austriache, il primo a Vienna, il secondo a Graz. Rientrati in città, diventano funzionari del Comune. Allo scoppio della guerra seguono strade diverse: Francesco Pepeu è richiamato dall’esercito asburgico, Silvio Quarantotto lascia Trieste per arruolarsi in quello italiano, con l’appoggio del fratello Ugo. Quest’ultimo espatriato è intanto divenuto segretario del Comitato degli Irredenti di Bologna.
Francesco e Silvio, pur combattendo su fronti opposti, terminata la guerra, riprendono l’impiego in Comune e collaborano, da protagonisti, per il ristabilimento dell’ordine e il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.
Ma non ritornano solo i vivi, anche i defunti, accolti tra le braccia materne, come nel caso di Guido Zanetti e di sua madre Maria.
La dolorosa vicenda di Guido Zanetti e della madre Maria testimonia il ritorno a Trieste, non solo dei vivi, ma anche dei caduti: è il viaggio delle anime smarrite sul fronte.
Nel 1921, ritorneranno le spoglie del giovane, riesumate a Romans d’Isonzo, e collocate nel cimitero cittadino di S. Anna. La rappresentazione teatrale del lutto si rivela uno straordinario format, attraverso cui far transitare il contagio dell’ideologia patriottica.
Le fotografie rappresentano e narrano di una morte, non più fatale intrusa, bensì parte necessaria del trittico, altrimenti monco: vita, morte, pietas. Le foto ci raccontano di commemorazioni pubbliche che mescolano nel perimetro del dolore privato e intimo l’enfasi dell’emozione collettiva. L’elaborazione del lutto cede il passo al bisogno di illustrarlo per farsi oggetto/sfoggio di comunicazione emozionale.
Al contrario, del tutto riservato appare il rapporto epistolare che unisce il soldato Guido al fronte con la madre: scambio incessante di reciprocità affettive e incoraggiamenti.
Dalla corrispondenza trapela l’alternarsi di momenti epici, di svago, di noia, di sofferenza e smarrimento, che aiutano a comporre un ritratto unitario del giovane, appartenente a una famiglia dell’alta borghesia triestina.
Confessa a Maria i timori e le ansie più intime: < Voglio sperare il meglio e mi sforzo di sperarlo>>.
La speranza e l’auspicio di un mondo migliore concludono anche il romanzo Ritorneranno di Giani Stuparich, con le parole di Sandro, l’unico figlio sopravvissuto che promette: <>.
Irredenti o asburgici, vivi o morti, provenienti da un teatro di guerra, tutti ritorneranno in un teatro di pace.
La mostra Teatri di guerra, teatri di pace è aperta, con ingresso libero, dal martedì a domenica dalle ore 10 alle ore 17, presso la Sala Selva di Palazzo Gopcevich, in via Rossini 4, a Trieste.
In occasione della conversazione, mercoledì 21 novembre, sarà visitabile fino alle ore 18.00.